Il Presidente Banchieri: “Crisi sempre più grave, problemi per le nostre città e per il gettito fiscale di Stato ed enti locali. Subito regole severe per le piattaforme dell’e-commerce”
Anche in Piemonte più consegne e meno negozi: nei primi tre mesi del 2024 sono scomparse quasi 800 imprese del commercio al dettaglio, una media di quasi nove negozi ogni giorno, festivi compresi. Un crollo cui corrisponde la crescita inarrestabile degli acquisti online, che lieviteranno del +13% nel corso del 2024, I nuovi dati dell’Ufficio studi di Confesercenti confermano ancora una volta che la crisi del commercio di vicinato non si arresta.
“Lo scambio tra vetrine e pacchi, però, non è alla pari per le economie dei territori“, fa notare il presidente di Confesercenti Piemonte, Giancarlo Banchieri. “Con la migrazione degli acquisti verso le piattaforme internazionali di e-commerce, che spesso pagano le imposte in altri Paesi, crolla specularmente il gettito fiscale generato dai negozi”.
> Più chiusure e meno aperture – Nei primi tre mesi del 2024 in Piemonte il commercio al dettaglio ha registrato la scomparsa di 786 imprese, circa 80 unità in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A pesare le chiusure – 1380 tra gennaio e marzo – ma soprattutto la frenata della natalità delle imprese. Le aperture di nuove attività nel primo trimestre di quest’anno sono state solo 594; dieci anni fa erano più del doppio.
> Meno vetrine, boom di consegne – Tra chiusure e mancate aperture, in Piemonte il numero di negozi di vicinato in dieci anni è calato del 15% circa, ma per alcuni settori particolarmente in sofferenza, come abbigliamento ed edicole, questa percentuale raddoppia. Se le vetrine scompaiono, le consegne di acquisti online in poco più dieci anni sono cresciute di quasi dieci volte: erano 75milioni circa nel 2013, quest’anno dovrebbero arrivare a 734 milioni a livello nazionale.
> L’erosione fiscale – La desertificazione commerciale ha portato per il fisco a una perdita cumulata di 5,2 miliardi di euro di entrate negli ultimi dieci anni. A perderci sono sia lo Stato sia gli enti locali: del gettito sfumato, infatti, il 17,4% (910 milioni) che sarebbe stato di Imu, il 12,6% (660 milioni) di Tari, il 42,7% (2,24 miliardi) di Irpef, cui si aggiungono 223 milioni (il 4,3%) di addizionali regionali e comunali Irpef, 700 milioni di Irap (il 13,4%) e infine 510 milioni di altri tributi comunali (9,7%).
“Questi dati – dice Banchieri – giustificano ampiamente gli allarmi che abbiamo lanciato più volte, tanto più per il Piemonte dove la condizione del commercio è peggiore della media italiana: in dieci anni le aperture nella nostra regione sono calate del 70%, contro un dato nazionale del 54%. Secondo una nostra proiezione, in assenza di interventi, nel 2030 le aperture in Piemonte potrebbero ridursi a poco meno di 1.000. Ma davvero vogliamo città prive di negozi e attraversate soltanto dai furgoni delle consegne a domicilio?. Da tempo proponiamo che il commercio sia considerato un ‘settore protetto’ come la Ue da anni fa con l’agricoltura: i fondi europei devono prendere la direzione anche del piccolo commercio. Inoltre, appaiono sempre più urgenti misure che mettano fine agli inaccettabili trattamenti di favore di cui godono le grandi piattaforme del web e garantiscano pari condizioni fiscali e il rispetto delle norme poste a tutela della concorrenza. Le elezioni regionali e quelle europee sono alle porte: chiediamo a tutti gli schieramenti non affermazioni di principio, ma un impegno a realizzare queste misure”.
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