Benny Campobasso: “Non si può svendere prima di vendere. Bene la data unica di avvio dei saldi, ma dovrebbero essere veramente a fine stagione.
Il comparto non si è ancora ripreso: la spesa in moda delle famiglie è ancora inferiore di 5,3 miliardi di euro rispetto al 2019”.
Spostare la data di inizio dei Saldi estivi, prevista per il prossimo 6 luglio, al 21 luglio 2023, in considerazione delle avverse condizioni meteo degli ultimi mesi.
A chiederlo è Fismo, la Federazione dei negozi di moda Confesercenti, in una lettera indirizzata a Massimiliano Fedriga, Presidente della Conferenza Stato-Regioni.
“Aprile e maggio – scrivono i commercianti – sono stati caratterizzati dal maltempo e da temperature sotto la media del decennio, e lo stesso giugno è stato finora dominato da piogge e temperature instabili. Un quadro sfavorevole, che ha inciso sul ciclo primaverile delle vendite nel comparto. In questa situazione, l’avvio dei saldi rischia di seguire di pochissimo o addirittura di precedere l’inizio dell’estate meteorologica, costringendo di fatto i negozi a mettere ‘in saldo’ l’intero magazzino estivo senza avere avuto la possibilità di vendere al prezzo normale”.
“L’approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni della data unica di avvio dei saldi estivi per tutto il territorio nazionale, per il prossimo 6 luglio 2023, è un risultato importante. Ma la data va posticipata al 21 luglio, per compensare l’incertezza meteo che ha ‘rallentato’ il ciclo delle stagioni e la vendita di capi estivi. Un avvio troppo anticipato dei saldi ci costringerebbe, di fatto, a svendere prima di vendere”, spiega Benny Campobasso, Presidente di Fismo Confesercenti.
“In generale, i saldi di fine stagione dovrebbero veramente iniziare a fine stagione. È una battaglia che portiamo avanti da anni. Ora occorre continuare a lavorare affinché i saldi tornino ad essere vendite di fine stagione e per un divieto serio di vendite promozionali nei trenta giorni antecedenti. Alcuni hanno già messo dei capi in promozione. Una concorrenza più che sleale, che non possiamo più tollerare: bisogna fermarla”.
“Dobbiamo sostenere un comparto che ancora non si è ripreso. Dopo la pandemia c’è stata un’immediata ripartenza, ma già nel 2022 la spesa degli italiani in moda è tornata a scendere. Si è assestata sui 29,8 miliardi, quasi 900 milioni di euro meno dell’anno precedente, e ancora 5,3 miliardi di euro sotto i valori del 2019. Dobbiamo mettere i piccoli negozi nelle condizioni di sopravvivere, nonostante gli aumenti di utenze e costo del personale. Se non si invertirà questa rotta non si riusciranno a scongiurare ulteriori chiusure nel nostro comparto: negozi che sono diminuiti di oltre ottomila unità, negli ultimi quattro anni. È una prospettiva intollerabile, in quanto il settore moda rappresenta, da sempre, una delle maggiori espressioni del Made in Italy”.
Tab. Spesa annuale delle famiglie in abbigliamento e calzature per regione e totale, anni 2019-2021-2022 (elaborazioni Confesercenti)
Spesa abbigliamento annuale (mln euro)
2019
2021
2022
2022/2021
2022/2019
Piemonte
2188,2
1877,3
1824,1
-53,2
-364,1
Valle d’Aosta
105,7
104,6
101,6
-3,0
-4,1
Liguria
794,6
598,8
581,8
-17,0
-212,8
Lombardia
6708,8
5955,9
5787,1
-168,8
-921,7
Trentino-Alto Adige
657,5
647,8
632,4
-15,4
-25,1
Veneto
2836,5
2445,3
2376,0
-69,3
-460,5
Friuli-Venezia Giulia
585,0
527,5
512,5
-14,9
-72,5
Emilia-Romagna
2527,3
2584,5
2511,3
-73,2
-16,1
Toscana
1976,4
1560,8
1516,6
-44,2
-459,8
Umbria
453,5
497,6
483,5
-14,1
29,9
Marche
1034,0
738,6
717,7
-20,9
-316,3
Lazio
3343,2
2736,2
2658,6
-77,5
-684,6
Abruzzo
670,3
721,8
701,3
-20,5
31,0
Molise
211,2
141,3
137,3
-4,0
-73,9
Campania
3437,4
2742,6
2664,9
-77,7
-772,5
Puglia
2119,8
1738,4
1689,1
-49,3
-430,7
Basilicata
332,1
338,4
328,8
-9,6
-3,3
Calabria
1239,8
1026,2
997,2
-29,1
-242,6
Sicilia
3166,5
2949,0
2865,5
-83,6
-301,0
Sardegna
842,0
809,7
786,8
-22,9
-55,3
Italia
35212,2
30755,8
29884,2
-871,6
-5328,0
*Eventuali incongruenze sono dovute all’arrotondamento dei decimali
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