I dati Istat definitivi di aprile confermano, purtroppo, un rientro dall’inflazione più lento del previsto. Nonostante il lieve aggiustamento rispetto alle stime preliminari, infatti, il tasso tendenziale di crescita dei prezzi al consumo balza dal +7,6% di marzo al +8,2% di aprile. A pesare, soprattutto la nuova fiammata del prezzo dei beni energetici non regolamentati e, parzialmente, la crescita di alcune voci dei servizi.
Nei primi quattro mesi del 2023 il tasso di inflazione è risultato pari all’8,7%, a fronte di un’inflazione media dell’8,1% nel 2022. In considerazione di questi andamenti, stimiamo che il potere d’acquisto delle famiglie diminuirà di altri 2,9 miliardi nel 2023 (-0,3%) e che la capacità di spesa del 2021 (precedente cioè l’accelerazione inflazionistica) non sarà recuperata prima del 2027.
Si conferma quindi l’allarme per una situazione che non è ancora risolta e che proietta una grande incertezza sulle famiglie, che stanno continuando a vedere eroso il loro potere d’acquisto e già stanno manifestando una minore spesa su alcuni beni, anche di prima necessità: tra gennaio e marzo i volumi delle vendite alimentari sono scesi in media del -4,7%, mentre le vendite non alimentari hanno registrato una flessione del -1,6%, per un calo complessivo dei volumi del -3%.
Per invertire la rotta, far ripartire la spesa delle famiglie e dunque i consumi, è ora fondamentale, dopo il taglio del cuneo fiscale, accelerare sulla delega fiscale riducendo la pressione delle imposte sulle famiglie. In particolare, lo ribadiamo, è opportuno detassare gli aumenti contrattuali per il prossimo biennio: una simile misura potrebbe generare tre miliardi di euro di consumi aggiuntivi già a partire dalla prossima tornata contrattuale e dare slancio all’economia.
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